QUANDO E COME AFFRONTARE LE ABBUFFATE COMPULSIVE

Distinzioni importanti

Spesso dopo una cena con gli amici o un pasto abbondante diciamo di esserci abbuffati, ma da un punto di vista clinico abbuffarsi non corrisponde semplicemente al mangiare tanto o troppo.

Un episodio di abbuffata è caratterizzato dall’ assunzione, in un periodo limitato di tempo, di un quantitativo di cibo significativamente più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in un simile periodo ed in simili circostanze che si accompagna alla sensazione di perdita del controllo sull’assunzione del cibo.

Ad esempio si sente di essere mossi da una sorta di pilota automatico, di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare la quantità ed il tipo di cibo che si sta introducendo.

Gli episodi di alimentazione incontrollata si associano ad alcune situazioni come:

  • mangiare molto più rapidamente del normale
  • mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni
  • mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non si ha fame
  • mangiare da soli per la vergogna
  • sentirsi disgustati di sé stessi, depressi, o molto in colpa per le abbuffate.

Inoltre è presente marcato disagio per la propria alimentazione incontrollata.

Capiamo quindi che si tratta di qualcosa di molto diverso dall’esagerare con il cibo quando ci si trova in un’occasione conviviale o di fronte a un alimento che piace molto.  Certo, anche in queste situazioni possiamo pentirci, ma lo stato d’animo che accompagna l’atto del mangiare troppo è senz’altro molto diverso da quello che si prova nel mangiare soli attaccati alla dispensa o nel riempirsi fino a scoppiare dopo una giornata triste.

Chi soffre di abbuffate talvolta compensa l’eccesso di cibo attraverso l’attività fisica eccessiva, il vomito autoindotto, l’abuso di lassativi, talvolta non lo fa. Nel primo caso si può essere in presenza di una bulimia, nel secondo di un disturbo da alimentazione incontrollata.

Perché accade

Ovviamente ogni persona ha la propria storia e le proprie peculiarità. Ciò che però generalmente accomuna chi presenta questo tipo di comportamenti è un’elevata sensibilità emotiva e una necessità di modulare gli stati d’animo tale per cui il cibo diventa facilmente qualcosa in cui rifugiarsi quando si soffre.

Mangiare, almeno inizialmente, funziona e quindi è facile che divenga un comportamento appreso e venga messo in atto in maniera quasi automatica.  Inoltre può trattarsi di una modalità appresa in famiglia. Non è raro imparare dai genitori a gratificarsi o a consolarsi in maniera preferenziale mangiando.

Come affrontarle

Spesso chi vive un disagio con il cibo prova vergogna e fatica a rivolgersi a un professionista. Oppure crede che il suo problema sia prettamente legato alla forza di volontà per cui passa da una dieta drastica all’altra. Purtroppo le diete restrittive fai da te aumentano non solo la frustrazione, ma anche i sintomi e fanno ricadere nel circolo vizioso della restrizione-abbuffata-altra restrizione.

E’ importante quindi affrontare il problema da un punto di vista psicologico attraverso una terapia mirata.

La psicoterapia dialettico comportamentale interviene sul deficit di regolazione emotiva di cui abbiamo parlato prima insegnando le abilità necessarie per modificare i comportamenti disfunzionali e la relazione che si ha con pensieri, emozioni e eventi che causano la sofferenza.

Questo tipo di intervento prevede l’insegnamento di alcune abilità:

  • Abilità di Mindfulness che promuovono la consapevolezza e l’accettazione della propria esperienza mentale (emozioni, cognizioni, sensazioni).
  • Abilità di Mindful Eating che consentono di cambiare la relazione con il cibo e un coinvolgimento pieno e consapevole nell’atto del nutrirsi.
  • Abilità di regolazione emotiva che permettono di comprendere il proprio funzionamento emotivo trovare strategie diverse di risposta
  • Abilità di tolleranza della sofferenza per tollerare le situazioni di crisi che sono inevitabili senza peggiorare le cose e vivendo comunque la vita appieno.

Dott.ssa Esposito Malara Grazia- Psicologa Psicoterapeuta